Sambonet mi ha chiesto di pensare al #ilPostoPiuStranoPer uno scolapasta e un servispaghetti. Io e Sebastiano abbiamo lasciato volare la fantasia e con la voce di Nilla Pizzi nelle orecchie ho iniziato a raccontargli di quando ero piccola e dei miei pomeriggi di fantasia d’estate quando io e le altre bambine di casa andavamo a raccogliere violette, papaveri e fiordalisi nelle campagne dietro casa della Nonna. Devi sapere che lei era il genio dell’intrattenimento basato sul nulla, o meglio, su tutto: sulla fantasia. Si era inventata il gioco dei profumi, quindi nelle calde mattine d’estate partivamo alla raccolta dei nostri fiori per poi creare essenze che avrebbero lasciato a bocca aperta anche i nasi più esperti. Ecco, quasi mai succedeva, o meglio, gli infusi poi non si trasformavano mai in profumi e rimanevano acqua colorata. Ma tutto il processo aveva un nonsochè di magico, di ancestrale, di segreto. Si pestava, si girava, si aggiungeva acqua, si copriva con un panno e si metteva al buio a macerare. Era quasi un rito. O meglio così ci faceva credere: piccole alchimiste che creavano infusi e decotti con fiori, e trascorrevano insesoarbili pomeriggi di giugno impegnate ad un tavolo.
La fantasia, l’immaginazione, la trasformazione: quel piccolo tesoro che mi porto dietro dall’infanzia e quegli aspetti effimeri che vorrei insegnare a Sebastiano come immaginare di correre in un campo di papaveri su un cavallino di legno, sconfiggere draghi di pezza con spade impropabili. Vorrei insegnargli di non guardare un oggetto solamente per il suo uso più probabile, ma immaginarsi cosa potrebbero diventare e inserirli in contesti fantastici capendo che solo coloro che possono vedere l’invisibile, possono compiere l’impossibile!
Questo post è scritto in collaborazione con Sambonet e fa parte del progetto #ilPostoPiuStranoPer e #FreeYourDesign.